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L’eccesso di lavoro straordinario dà diritto al risarcimento del danno da usura psicofisica.


Con l’Ordinanza n. 26450 del 29/09/2021 la Corte di Cassazione ha riaffermato il principio secondo cui la prestazione lavorativa eccedente i limiti previsti dalla legge e dai contratti collettivi compromette la salute psicofisica del lavoratore, perché ne lede un diritto costituzionale.

Il caso riguarda un lavoratore che ricorreva giudizialmente al fine di ottenere il pagamento di maggiorazioni retributive e il risarcimento del danno per lavoro straordinario prestato oltre il limite massimo previsto dalla legge e dal contratto collettivo nel periodo tra il 2006 e il 2008. La Corte d’Appello accoglieva la predetta domanda, condannando la società datrice al pagamento della somma richiesta dal dipendente.

La Cassazione ha confermato la sentenza di appello ritenendola conforme all'orientamento secondo il quale la prestazione lavorativa “eccedente”, che supera di gran lunga i limiti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva e si protrae per diversi anni, provoca al lavoratore un danno da usura psicofisica, di natura non patrimoniale e distinto da quello biologico, la cui esistenza è presunta in quanto lesione del diritto garantito dall'articolo 36 Cost..

Per quanto riguarda la la determinazione del danno, secondo la Corte, occorre tenere conto della gravità della prestazione e delle indicazioni del contratto collettiva applicabile.

Ne consegue che, in tali ipotesi, per assolvere il proprio onere probatorio, il lavoratore deve dimostrare soltanto il numero delle ore straordinarie svolte e il periodo di riferimento.

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